30 settembre 2022

John Milton - L'Allegro

O del trifauce cane e della notte 

Orrida figlia, squallida Tristezza, 

Lungi, lungi da noi; giù nelle grotte 

D'Inferno statti, abbandonata e sola, 

Tra forme spaventevoli e diverse, 

Ove sospiri, pianti ed alti lai 

Risuonano per l'aere 

In cui raggio di Sol non entrò mai; 

E in cui, solo tra 'l pianto, 

S'ode talor di tristi augelli il canto, 

Ivi tua stanza sia, d'ebani all'ombra, 

Sotto orribili e bassi 

Sporgenti in fuor scompaginati massi, 

Che tale altrui fan tetto, 

Qual le tue nere abbaruffatte chiome 

Fanno al tuo tetro ed odioso aspetto. 

Ma tu vieni o vaga e libera 

Dea che in ciel sei detta Eufrosine, 

E Allegria fra noi mortali, 

Dolce antidoto de' mali. 

Tu di due Grazie gemella, 

Di cui fece un di beato 

Delle Dee la Dea più bella 

Bacco d'edra inghirlandato: 

O di cui, com'altri cantano, 

Fece lieto un giorno Zefiro 

La vaghissima vermiglia 

Di Titan gioconda figlia, 

Che, mentr'ei spandea d'intorno

Di stagion vaga i tepori, 

Trovò il seno a fare adorno 

Ed il crin di vaghi fiori, 

Tra viole e tra odorose 

Fresche rose rugiadose; 

Ed a lei con dolce ameno 

Scherzo intorno raggirandosi, 

Le lasciò fecondo il seno 

Di te, vergin grazíosa, 

Aitante e prosperosa.

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