28 settembre 2018

Edward Dorn - Se mai dovesse accadere


E siamo tutti lì insieme
il tempo ondeggerà al modo dei salici
e sarà veramente l’addio, sì,
ridendo a ciò che è dimenticato
e parlando di ciò che è nuovo
ammirando le rose che hai portato.
Così triste.
Non sapevi di essere alla fine
pensavi che la terra fosse 

un frutto luminoso, sì,
fosse un’altra avventura in cui sei stato trattenuto
e guardato fissamente
dopo aver dormito
in cui sei stato tenuto in serbo
come una noce da uno scoiattolo, e mezzo
dimenticato,
ce n’erano tante, tante
cadute da poco.

21 settembre 2018

Du Fu - In Esilio


Attraverso le tende verdi che mi proteggono
Due farfalle giocano;
Quattro ali di fiamma vorticano gioiosamente
Intorno a me e volano via;
Mentre ci avviciniamo alla riva
Piccole onde si increspano.

Intanto scruto lontano con la vista
Verso nuvole bianche fini;
Oltre le alte e severe montagne  
Sollevo a nord i miei occhi doloranti;
So che la mia città è là!
Chang'an addio! Addio!

15 settembre 2018

In memoria di Guido Ceronetti (1827-2018)


DA "POESIE PER VIVERE E NON VIVERE"


La porta era chiusa e nera. Dall’interno veniva
Un affannare d’anime che avvolgeva. Qualcuno apriva.
– chi vuol piegare alle lacrime, creatura
Inattesa? Perché ne torchi senza misura
Dai tuoi più di due occhi per darmi pena
E sudario, su un lenzuolo muto di cena? –
Tra un fitto fogliame di vecchie foto, nuda
La nullità erotica, la nostra vita cruda
Si spiava come una sete d’amare in un lenzuolo;
E palpebre fatte mute vidi in un tiepido scolo
Fare parlante il muro.

Nacque un dolcissimo benedire furtivo
Le stanze abitate da tanti accesi
Movimenti di carne e luce, e sognarli
Tutti morti non ne calmava il segreto
Agire di portatori d’impuro
A tutto, in cui era bello fermarli
Nella più misteriosa delle pitture.
E mentre benedicevo mi stupivo
Della mia voce che su tante nuche cadendo
Di dolorose bambole era attratta
In un combattimento senza fine
Tra gli emblemi del vivere e morire:
Lamettina di cataclisma sottile
Una carezza uscita dal grido
Li scorporava dell’apparire.

Oh inducible, suscitata
Da viste pure e impure
Vertigine rara del chiaroscuro!
Sul collo dell’anima cade, la testa vola
Felice, il filo bianco e il filo nero
Con presa di voragine inflessibile

Tra le sue labbra. Non era che una lampada
Su un tavolo, su abisso puro,
E il niente che chiede pane
Di nomi ancora alle sfinite mani
I polsi con più mistero mi succhiava.

08 settembre 2018

Haldis Moren Vesaas - Sera di Settembre


Un giorno quieto e fresco di settembre
muore nel suo sangue.
Colline e pendii sono infuocati
e palude e radura fiammeggiano.
Il vento rema attraverso le foglie
annunciando freddo e neve.
Così son già finite la primavera e l'estate.
Adesso aspettano l'autunno e la morte.

Soffia lieve intorno alle fattorie silenziose
dove i pioppi stanno sanguinando
e le betulle spargono sopra il fieno esangue
la loro ricchezza appassita.
Ma i campi alzano il grano sui covoni
verso l'ultimo fuoco del giorno.
Poi il cielo si spegne, scompare la terra,
e cadono la sera e il buio.

E le luci muoiono in tutte le case
mentre le stelle quietamente si accendono,
e la notte ha in suo potere l'intera nostra terra
e il cuore batte così debole
come se già fossero terminate la primavera e l'estate,
più disperatamente di adesso,
come se l'autunno dovesse fra poco rinfrescare
il mio sangue caldo.

Come molti altri che transitano
porta la pena umile
e sulle tempie
un poco dell’amarezza altrui,
il casto trifoglio,
perdutamente l’aureola del tabacco,
le poche lettere con cui coniare
il mio nome.
Cedro nelle sue braccia mi carica l’orizzonte.
Tiene monti smarriti tra le braccia.
Un pugno di mare che lo ha nutrito.
Il cuore così innalzò il suo volo.
Un pugno di mare. Mi diede la sete
per accecare l’astio
e i decenni della passione;
piccole conchiglie trasudanti
salgono sulle mie caviglie.
Il grano possiede la chiara essenza.
Si divide in parti equilatere,
perfette
e si offre. È l’anniversario del giubilo.
Mi trema in ogni midollo,
mi assalta ponendo un bimbo
azzurro
dietro ai suoi due occhi.
Portò dell’osso il gesto, il cipiglio.
È generoso e rosso. Tinge il giorno
di mestizia
a volte.
Di caglio in quarzo scoppia
e tinge il giorno.
Come nessuno
tra tanti che transitano
un’aria ferrata in oro,
un germoglio alato,
il polline della vita nelle sue corolle
mise sulla mia pelle.
Come nessuno tra tanti che transitano.