16 agosto 2024

Adalber Salas Hernández - Nuvole

 

Le nuvole sono gli unici animali

a vivere sul confine tra il visibile

e l’invisibile:


per questo feriscono i nostri occhi

e quelli di ogni essere che ha ricevuto

il dono inospitale dello sguardo.


Sono implacabili con la nostra vista.

La scavano, la costringono a conoscere

la distanza, a distillarla e trasformarla

in aspro liquore per dissetarsi.


Ci trascinano verso un orizzonte

che non chiediamo.


Quasi tutte le nuvole sono atee.

Sanno che abitano

un cielo senza nome,

la cui materia è l’oblio.


Si dedicano a registrare

ogni singola creatura

della terra

con un’inutile devozione.


Per ricordarmi di loro,

per salvarle da quella calligrafia sfavillante

che praticano lì, al di sopra del tempo.


E quasi tutte

hanno nostalgia della terra,

un tenue desiderio

come un filo sordo di pioggia.


Quando non ce la fanno più,

fanno cadere fulmini:

i loro maldestri tentativi,

insostenibili,

di gettare radici.


Segretamente

vorrebbero trasformarsi in alberi,

possedere quieti rami

e una voce nodosa per cantare.


O montagne, perché no,

case per l’eco

e la scomparsa.


Vorrebbero essere tante cose, le nuvole.

Cose che non vivano costrette

a ricordare col loro corpo tutto ciò che

 vedono.

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