13 marzo 2020

Santiago Espinosa - La sabbia e gli oblii

Si sono radunati i tuoi ricordi
Sul bianco di un’immagine,
Chiedendoti racconti.
Cosa di questo è tuo e cosa no.
Dove inizia il dolore degli altri.
Palpando l’aria,
Come un sonnambulo,
Cercavi la connessione tra la tua voce e le cose. Ti chiedevi della ferita di un’eredità,
Quando alla fine delle strade
Non c’era nulla da comprendere.
Così ti sei abituato al tuo lavoro di scrivano, nella luce delle cose perdute.
Dovevi costruire per perdere.
Far girare la comparsa
Per restare così solo come all’inizio.
Bisognava alzare una scala verso l’invisibile per apprendere, dopo, a buttarla giù.
Si è schiusa la porta
E  ora guardi ciò ch’è tuo
Nel silenzio dell’informe,
Affine a un perpetuo mistero.
Lascia che i morti si concilino con i morti.
Che il viaggiatore che non sei stato
Si materializzi coi suoi,
E che mai torni.
Che lo studente e la signora col cappello tornino a compiere gli stessi errori,
Che la vittima si incroci per strada
Con il suo eterno boia
E che non si riconoscano. 
Ombre o fantasmi, 
Passeranno gli uni e gli altri.
Continua a svolgersi, a fianco, la festa dei vivi. Non senti la musica che avvolge le montagne nella sua scalata,
Sulla bilancia dei seni
Dove un mondo s’inclina, 
È leggero l’esilio?
Ascoltala in silenzio,
Non guardarti alle spalle.
Questa e non un’altra era la tua storia:
Il tempo contemplato
Nelle fessure della sabbia,
Il lento maturare dei deserti senza limite.

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