Sergio Corazzini - La finestra aperta sul mare
Non rammento.
Io la vidi
aperta sul
mare,
come un
occhio a guardare,
coronata di
nidi.
Ma non so
né dove, né quando,
mi apparve;
tenebrosa
come il cuore
di un usuraio,
canora come
l'anima
di un
fanciullo. Era
la finestra
di una torre in mezzo al mare,
desolata
terribile nel
crepuscolo,
spaventosa
nella notte,
triste
cancellatura
nella
chiarità dell'alba.
Le
antichissime sale morivano
di noia:
solamente l'eco delle gavotte,
ballate in
tempi lontani
da piccole
folli signore incipriate,
le confortava
un poco.
Qualche gufo
con i tristi
occhi,
dall'alto nido
scricchiolante
incantava
l'ombra
vergine di stelle.
E non c'era
più nessuno
da tanti
anni, nella torre,
come nel mio
cuore.
Sotto la
polvere ancora,
un odore
appassito, indefinito,
esalavano le
cose,
come se le
ultime rose
dell'ultima
lontana primavera
fossero tutte
morte
in quella
torre triste, in una sera triste.
E lacrimava
per i soffitti
pallidi, il
cielo, talvolta
sopra lo
sfacelo delle cose.
Lacrimava
dolcemente
quietamente
per ore
e ore, come
un piccolo fanciullo malato.
Dopo, per la
finestra
veniva il
sole, e il mare,
sotto,
cantava.
Cantava
l'azzurro amante,
cingendo la
torre tristissima
di tenerezze
improvvise,
e il canto
del titano
aveva
dolcezze, sconforti,
malinconie,
tristezze
profonde,
nostalgie
terribili...
Ed egli le offriva i suoi morti,
tutte le navi
infrante,
naufragate
lontano.
Una sera per
la malinconia
di un cielo
che invano
chiamava da
ore e ore
le stelle,
volarono via
con il
cuore
pieno di
tremore
le ultime
rondini e a poco
a poco nel
mare
caddero i
nidi: un giorno
non vi fu
più nulla intorno
alla
finestra. Allora
qualche cosa
tremò
si
spezzò
nella torre
e, quasi
in un
inginocchiarsi lento
di
rassegnazione
davanti al
grigio altare
dell'aurora,
la
torre
si
donò al mare.
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