Scendevamo a valle lungo la corrente sotto un pulviscolo di stelle,
dormendo fino al sorgere del sole. Quando giungemmo alla capitale,
ridotta in macerie, facemmo un enorme falò con le sedie
e i tavoli che riuscimmo a rimediare. Il calore era tanto intenso che gli uccelli
in volo prendevano fuoco e precipitavano al suolo in fiamme.
Li mangiammo, poi a piedi ci addentrammo in regioni
dove il mare è di ghiaccio e il terreno è cosparso
di macigni come lune. Se solo ci fossimo fermati,
voltati, e fossimo tornati al giardino da cui eravamo partiti,
con la sua urna spaccata, il mucchio di foglie che imputridiscono, e ci fossimo seduti
a contemplare la casa e avessimo visto solo il trascorrere
del sole sulle finestre, quello sarebbe
bastato, nonostante l’ululare del vento che sospingeva le nubi verso il mare
come pagine di un libro su cui niente era scritto.
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