08 luglio 2018
Franklin Mieses Burgos - Canzone dell'amata senza presenza
Prima che la tua voce avesse il colore dello squillo
e i tuoi occhi due ombre salmastre come alghe;
quando anche il tuo sorriso non era una strada aperta
per illuminare l'alba, ma una melodia
in un paese remoto nel pomeriggio;
Allora, ti ricordi?
Eravamo tuttuno nell'unità di Dio,
e il mio alito di vita era il tuo stesso respiro,
perché eri me stesso.
Oh indecifrabile enigma della rosa e del vento:
Mi amavo in te stessa!
Il tramonto non era ancora un uccello morto
appeso tra due rami,
né la notte faceva male
nella piccola angoscia delle radici,
né il cielo era uno straccio,
né il mare una foglia verde senza sirene.
Forse i gigli non erano ancora gigli,
né stelle, le stelle;
né il sole un sorriso di alti chiarori
nato tra due stelle; ancora, ti dico,
che nulla aveva una forma risoluta tra le cose;
l'aria non era aria, ma una farfalla:
solo una farfalla con le ali spiegate.
Che dolore non vederti camminare
come il profilo sonnambulo di un'ala
tra gli alberi miti senza luna,
né fluttuare nella notte da sola e da sola,
come un uccello perso nella nebbia.
Tuttavia, eravamo entrambi insieme
senza che la tua ombra
urlasse per il freddo della parola "mai"
la sua agonia; senza alcun dolore,
per lo stesso silenzio in cui sei morta,
spigolare una rosa di tenerezza
come ricordo un'anima che se ne stava andando.
Che dolore non vederti
tra queste molte cose che non erano:
Le montagne i nidi, le rane e il pesce,
la grande luna
bagnato di canzoni,
la terra blu e la mattina verde.
Che dolore non vederti;
perché questo era il momento
unico e preciso di dire le cose come sono:
già il vento sarebbe vento; il viola, viola.
La mano dell'arcano ha messo la sua impronta
sopra ogni cosa; Si poteva essere:
Donna, stella o rosa.
Ma tu fosti un tramonto.
Solo un tramonto!
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento