18 novembre 2016

José Saramago - AMOR


Meu amor.
Ripetere queste due parole
per dieci pagine,
scriverle ininterrottamente,
senza sosta, senza spazi bianchi,
prima lentamente, lettera dopo lettera,
disegnando le tre colline
della M manoscritta,
l’anello tenue della E
simile a braccia che riposano,
il letto profondo di un fiume
che si scava nella U,
e poi lo sgomento o il grido della A
sulle onde del mare, eccole,
dell’altra M, e la O che non può essere
se non quest’unico nostro sole,
e infine la R divenuta casa,
o tetto, o baldacchino.
E subito dopo trasformare
questo lento disegno
in un unico filo tremolante,
la traccia di un sismografo,
perché le membra rabbrividiscono
e si turbano,
il mare bianco della pagina,
una distesa di luce
o un lenzuolo levigato.
“Meu amor, “amore mio” hai detto,
e l’ho detto anch’io,
spalancandoti la mia porta,
e tu sei entrata.
Tenevi gli occhi bene aperti
venendomi incontro,
per vedermi meglio o più di me,
e hai posato la borsa per terra.
E, prima che ti baciassi,
per poterlo dire serenamente,
hai detto:
“Stanotte rimango con te”.

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