12 novembre 2021

John Donne - Il sorgere del sole

 Vecchio stolto faccendiere, sole dissennato,

perché così,

attraverso vetri e tende vieni a visitarci?

Le stagioni degli amanti devono volgere

ai tuoi movimenti?

Sfacciato dannatissimo pedante, va a strapazzare

gli scolari in ritardo, i garzoni inveleniti,

va a dire ai cacciatori: il Re vuole cavalcare,

chiama le formiche dei campi alle fatiche del raccolto,

immutabile l’amore non conosce climi e stagioni,

non giorni, mesi, e ore, del tempo solo i brandelli.

Perché pensi che i tuoi raggi

siano tanto potenti e venerandi?

Con un battito di ciglia potrei eclissarli,

obnubilarli, se non che non vorrei

non vedere lei tanto a lungo.

Se i suoi occhi non hanno accecato i tuoi,

guarda, e domani quando è tardi dimmi

se le Indie delle spezie e delle miniere

sono dove le lasciasti, o sono qui da me.

Chiedi dei Re che hai visto ieri,

ti sarà detto, che giacciono tutti qui in un letto.

Lei è tutti gli stati, io sono tutti i principi,

nient’altro esiste.

A paragone i principi non recitano che la nostra parte,

ogni onore è mimica, ogni ricchezza è alchimia.

Tu sei felice, oh sole, molto meno di noi,

in cui il mondo si è così contratto;

la tua età richiede agi, il tuo compito

è di scaldare il mondo – scaldaci, ed è fatto.

Splendi su noi e sarai dovunque,

questo letto è il tuo centro, queste pareti la tua sfera.

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